Si chiama Demo (Demonstration Fusion Power Reactor) e sarà la prima centrale elettrica a fusione realmente operativa, benché ancora dimostrativa: si prevede che intorno al 2050 possa produrre in maniera sicura e sostenibile tra 300 e 500 MW di energia elettrica, vale a dire il consumo medio annuale di circa un milione e mezzo di famiglie. In tempi in cui la possibilità di avere energia in abbondanza, a costi contenuti e prodotta in maniera «green» sta diventando la questione delle questioni, raggiungere un risultato come quello che si prefigge Demo sarebbe il primo concreto passo verso un cambiamento di paradigma di portata storica. Con tutto quanto di positivo ne verrebbe in termini di abbattimento di costi, emissioni e benefici per l’ambiente. Tuttavia la sfida è enorme, sia in termini tecnologici, sia in termini di impegno finanziario.
La fusione nucleare è considerata il Santo Graal per la produzione di energia su larga scala, sicura, sostenibile per l’ambiente e praticamente inesauribile. Basti pensare che, in termini di resa e a parità di quantità, la fusione genererà circa 4 milioni di volte più energia rispetto a quella prodotta bruciando carbone, petrolio o gas. Dal punto di vista fisico è, in un certo senso, l’opposto della fissione nucleare, il principio di funzionamento delle centrali atomiche tradizionali.
Nella fissione vengono «bombardati» con neutroni (particelle subatomiche prive di carica elettrica) i nuclei degli atomi di elementi pesanti come l’Uranio o il Torio che si rompono liberando energia sotto forma di calore e producendo scorie radioattive. Con la fissione di 1 grammo di uranio si produce una quantità di energia pari a quella ottenibile dalla combustione di circa 2800 kg di carbone.
Nella fusione nucleare, invece, comprimendo fra loro con grande forza nuclei di elementi leggeri come l’idrogeno (presente in quantità praticamente illimitata), se ne ottiene la loro aggregazione o, appunto, «fusione», con rilascio di energia, produzione di elementi più pesanti come l’elio e pochissima radioattività.
In pratica è il processo con cui il Sole e le altre stelle producono energia. Il problema, però, è che nella fusione occorre raggiungere temperature e pressioni paragonabili a quelle del Sole ma…sulla Terra. Dunque è un problema essenzialmente tecnologico. Ed ecco perché Demo è un passaggio così importante.
Il reattore dimostrativo DEMO sarà il successore dell’impianto sperimentale ITER, attualmente in costruzione nel sud della Francia, a Cadarache. Si tratta di un passo importante che traghetterà la ricerca sulla fusione da un ambito puramente sperimentale alla produzione vera e propria di energia elettrica. Per farlo DEMO dovrà adottare le più avanzate tecnologie per ‘controllare’ il plasma e generare elettricità in modo sicuro e continuo operando con un ciclo del combustibile chiuso.
La decisione di sviluppare il progetto di DEMO, un reattore a fusione dimostrativo in Europa, è il naturale sviluppo del costante impegno europeo, da sempre all’avanguardia a livello globale, nella promozione della ricerca di risorse energetiche a basso impatto ambientale di cui la fusione dell’idrogeno rappresenta uno degli ingredienti del paniere di fonti rinnovabili ed eco-sostenibili.
Nel Sole e nelle stelle, il processo di fusione dei nuclei di idrogeno produce elio e libera energia, il cui irraggiamento consente la vita sulla Terra. Scienziati di tutto il mondo stanno lavorando per replicare reazioni analoghe con isotopi di idrogeno, che fondendosi rilasciano un’enorme quantità di energia. Lo scopo della ricerca è realizzare impianti nucleari a fusione per la produzione di energia elettrica su larga scala, sicura, a costi competitivi e nel rispetto dell’ambiente. In termini di resa, a parità di quantità, la fusione genererà circa 4 milioni di volte più energia rispetto a quella prodotta bruciando carbone, petrolio o gas.
Fonte: www.corriere.it